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CryptoVantage risponde: Avere Bitcoin in banca va contro il principio stesso delle criptovalute?

Considerando che Bitcoin è stato investito di un ruolo alternativo al tradizionale sistema finanziario, è giusto pensare che avere dei BTC in banca sia un sacrilegio?

È una domanda particolarmente spinosa, che richiama anzitutto la filosofia che sta dietro alle valute digitali e alla loro stessa esistenza. Ci sono persone che credono che Bitcoin possa coesistere con le valute fiat, ma è lampante che Satoshi Nakamoto non fosse soddisfatto dalla tradizionale struttura finanziaria e che riteneva fossero possibili notevoli miglioramenti.

Diamo un’occhiata più da vicino a questa annosa questione.

Banca Bitcoin

Come siamo arrivati a questo punto?

La narrativa attorno a Bitcoin viene spesso considerata apolitica e non curante di argomenti relativi a razza, religione, orientamento sessuale o posizione geografica. Questa visione è efficace e in grado di resistere alla censura solo se funziona per tutti, indipendentemente da idee e comportamenti individuali.

Sebbene questa narrativa sia senza dubbio vera, oltre che fondamentale per il funzionamento di Bitcoin, il fatto di considerarla apolitica non corrisponde alla realtà, per lo meno in parte. Lo sappiamo perché è stato lo stesso Satoshi Nakamoto a dircelo.

L’ideologia politica di Bitcoin non si colloca all’interno di un partito politico o di un quadro tradizionale, ma si basa su un’unica questione, diretta e mirata alla natura corrosiva dell’attuale assetto finanziario delle banche centrali.

Lo sappiamo perché Satoshi ha lasciato un messaggio nel Blocco Genesi della blockchain di Bitcoin.

”The Times 03/01/2009 Il cancelliere pronto al secondo pacchetto di salvataggio per le banche.”

Il messaggio è breve, succinto e chiaro. Bitcoin è un modo per escludere l’attuale infrastruttura bancaria dall’equazione.

Con l’aumentare dell’adozione di Bitcoin e la sua crescente popolarità, non deve sorprendere che le banche e gli istituti finanziari siano sempre più interessati a diventare i fidati custodi di questa nuova valuta. In base a quanto sappiamo sulle intenzioni di Satoshi Nakamoto lasciate nel messaggio del Blocco Genesi, sarebbe giusto chiederci: avere dei Bitcoin in banca, non va contro i valori fondanti di Bitcoin?

Il dilemma della custodia

Bitcoin è stato pensato per essere un sistema monetario elettronico peer-to-peer. Ciò rimuove in maniera totale la necessità della presenza di terzi intermediari, come sono le banche. Da un punto di vista storico, le persone si affidano alle banche per conservare e trasferire i propri fondi da un conto all’altro o per utilizzare personalmente una qualche forma di denaro contante.

Ma con l’invenzione di Bitcoin, tutte le problematiche relative alle banche e alle frontiere geografiche vengono meno. I singoli soggetti possono operare direttamente gli uni con gli altri, ovunque si trovino e senza la necessità di attendere l’approvazione di nessun altro. Questo è il motivo per il quale Bitcoin è una rivoluzione radicale.

Tuttavia, la libertà che deriva dall’eliminazione delle banche dall’equazione porta con sé anche la responsabilità dell’autocustodia. Senza le banche, gli individui diventano effettivamente loro stessi delle banche e sono responsabili della custodia dei propri Bitcoin. Ciò può causare paura e sconcerto per molti ed è una delle ragioni per cui tanti che si avvicinano a Bitcoin sono attratti dagli exchange, che custodiscono le chiavi private degli utenti. Questa tendenza è destinata ad accelerare con l’arrivo di un numero sempre maggiore di persone che ancora non conoscono a fondo Bitcoin e le altre criptovalute.

La prassi di preferire terze parti in grado di custodire questi asset digitali è particolarmente diffusa nei mercati storicamente stabili e con un’elevata fiducia nelle istituzioni finanziarie, ovvero Paesi in cui le banche non hanno causato iperinflazione o saccheggiato i fondi dei clienti e dove c’è un pacifico trasferimento di potere tra un governo e l’altro.

Perché una persona che non ha mai riscontrato problemi e si fida del sistema dovrebbe preoccuparsi di affidare alla propria banca la custodia di Bitcoin al pari di quanto avviene con le valute fiat?

L’obiettivo di Bitcoin

È proprio perché non c’è bisogno di fidarsi che Bitcoin funziona. È per questo che chi ha un’economia storicamente stabile non si è mai, o quasi, dovuto preoccupare di dare fiducia a una terza parte, come una banca. Bitcoin viene definito “trustless”, ossia che per funzionare non richiede di doversi fidare di nessuna controparte. Nessuna persona, governo o istituzione può alterare o cambiare il codice della criptovaluta senza il consenso della comunità. Ti basta fare riferimento al codice, cosa che chiunque può fare, per avere la certezza che le transazioni siano sicure e accurate.

L’architettura di Bitcoin è progettata per rimanere immutabile, resistente alla censura e non sequestrabile. Finché l’utente mantiene il controllo delle proprie chiavi private, questi principi fondamentali restano validi anche per l’utente stesso. I problemi iniziano sorgere quando gli utenti iniziano a interagire con terze parti.

Il problema dei custodi di terze parti

Se guardiamo alla storia recente degli exchange centralizzati che custodiscono i Bitcoin per conto dei loro clienti, notiamo una tendenza preoccupante. Spesso capita che, a causa di cattiva gestione, corruzione o appropriazione indebita, questi exchange centralizzati falliscono miseramente.

Nel 2014 Mt.Gox era il più grande exchange di Bitcoin, che nel momento di massimo splendore movimentava oltre il 70% di tutte le transazioni della criptovaluta, prima di perdere oltre 650.000 BTC dalle sue riserve a causa di un banale attacco informatico.

Nel ciclo successivo, ossia nel 2018, l’exchange QuadrigaCX di proprietà canadese ha affrontato un destino simile quando il suo fondatore, Gerald Cotton, è stato improvvisamente dichiarato morto, portandosi nella tomba l’unica copia delle chiavi private dell’account principale di Quadriga.

Infine, come dimenticare l’enorme e recente fallimento di Sam Bankman Fried e del suo exchange FTX? Con una valutazione all’epoca dei fatti di oltre 40 miliardi di dollari, l’exchange si è dissolto nel giro di pochi giorni, trascinando con sé gran parte del settore crypto.

La situazione con le banche dovrebbe essere diversa?

Sì. Le banche operano in un mercato fortemente regolamentato e hanno l’ulteriore vantaggio di essere sostenute dal governo federale e dal fondo assicurativo FDIC che, dopo i crolli delle banche regionali statunitensi all’inizio di quest’anno, ha fondi quasi illimitati. Nonostante il fondo assicurativo FDIC non copra le criptovalute, le banche verrebbero comunque salvate per ripianare eventuali perdite.

La preoccupazione maggiore del depositare i propri Bitcoin in banca è relativa alla possibilità dell’istituto finanziario di sfruttare le informazioni su antiriciclaggio e dati personali per congelare o sequestrare i Bitcoin dei clienti. Basterebbe dare un’occhiata in Canada per capire che non si tratta di uno scenario ipotetico, ma reale. Il governo canadese congela oltre 200 conti bancari durante la manifestazione di protesta Convoglio della libertà del 2022. Non c’è motivo di credere che non accadrebbe lo stesso con i Bitcoin di un utente, se ce ne fosse l’opportunità.

Considerazioni finali

In definitiva, il luogo in cui si conservano i BTC non ha nessuna influenza sulla tecnologia sottostante o sulle finalità di Bitcoin, ma ha conseguenze sulla resistenza alla censura e sulla capacità di confiscare i beni digitali delle persone. Tutto ciò, però, non inficia i fondamenti della tecnologia.

Bitcoin continuerà ad aggiungere altri blocchi alla blockchain, sia che le transazioni provengano da una banca, da un exchange centralizzato o da qualcuno che preferisce affidarsi all’autocustodia. Allo stesso modo, conservare Bitcoin in una banca non altera le fondamenta su cui si basa la criptovaluta.

Ma se il fondatore di Bitcoin si è premurato di identificare l’infrastruttura bancaria come ragion d’essere dell’esistenza di Bitcoin, forse dovremmo ascoltarlo. Dopo tutto, se non hai le chiavi, i Bitcoin non sono tuoi.

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Iain Taylor

About the Author

Iain Taylor

Iain Taylor grew up in Northern Ireland, and is currently living in Halifax, NS. He has quadruple citizenship status, and has been involved in cryptocurrency since the end of 2020. He completed a study in Bitcoin, Blockchain Technology, and Cryptocurrencies at Dalhousie in 2021, and has been writing on the industry since September 2021.

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